CLEMENTE XII, Lorenzo Corsini (1730-1740) - Mezza piastra, an. VII, Roma.
Stima: € 1.500,00 - € 3.000,00
Base d'asta: € 1.500,00
Argento, 14,80 gr. - Diam. 36 mm.
Dritto: Busto a destra con camauro, mozzetta e stola ornata di croce raggiante e stelle entro rabeschi; - Rovescio: Facciata della Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini in Roma.
MIR 2495/1, Muntoni 19 Rara
Magnifico esemplare con patina iridescente su fondi lucenti.
SPL-FDC
Al di là del Tevere, nei pressi di Ponte Sant'Angelo, sorgeva il quartiere dei Banchi, così chiamato perché vi risiedevano i cambiavalute, che esercitavano la professione all'aperto, su appositi banchi, dove erano disposti gli abachi per fare di conto, le bilance per le monete e tutto l'occorrente per la loro attività. Non a caso, Giulio II (1503-1513) aveva voluto che il nuovo palazzo della Zecca sorgesse proprio al centro del quartiere.
I cambiavalute, per lo più fiorentini, chiesero al pontefice Leone X, esponente della famiglia Medici, di poter erigere una chiesa dedicata a San Giovanni Battista, patrono di Firenze. I lavori iniziarono intorno al 1517, ma si protrassero per decenni, con un continuo ampliamento della struttura. Sotto il pontificato di Clemente XII, si giunse all'innalzamento della facciata, la cui realizzazione fu affidata ad Alessandro Galilei (1691-1737) e i cui lavori vennero ultimati nel 1734.
In seguito alla recessione economica vissuta nel periodo, furono necessari drastiche misure finanziarie, che riguardarono sia l'Erario che la stessa Zecca, con particolare attenzione alla coniazione dei nominali in argento (cit. L. Londei & S. Balbi De Caro, Moneta pontificia, da Innocenzo XI a Gregorio XVI, pp. 58 sgg.). Per accelerare la coniazione del circolante, data la limitata capacità della zecca di Santa Marta, la Camera Apostolica stipulò un contratto con i fratelli Ermenegildo e Ottone Hamerani, che si impegnarono a coniare monete d'argento nella loro officina in via dei Coronari.
Nel 1734, agli Hamerani venne conferita l'esclusiva della virola, strumento utile per impedire la tosatura delle monete. Questo tipo di lavorazione perfezionò le monete dal punto di vista tecnico e le rese più sicure in termini di peso, ma costrinse gli Hamerani ad acquistare nuovi macchinari e ad ingrandire la propria officina. Per quanto riguarda la moneta in oggetto, fu il solo Ottone a incidere questa moneta, poiché il fratello Ermenegildo, da qualche anno, non si occupava più materialmente delle realizzazioni di monete e medaglie, ma si concentrava sull'amministrazione dell'azienda.